Expo 2030: la candidatura di Roma punta tutto sul logo realizzato in formato NFT

Non ha fatto in tempo a concludersi l’edizione di Expo 2020 a Dubai, che è già tempo di pensare a quella di Expo 2030. Sì, perché proprio durante la manifestazione di chiusura di Dubai è stata presentata ufficialmente la candidatura della città eterna per ospitare l’edizione di Expo che si terrà tra otto anni.

Durante la presentazione tenuta nel padiglione Italia da Giuseppe Mayer, coordinatore del gruppo di lavoro che ha seguito il progetto di Expo Roma 2030, è stato presentato anche il logo che rappresenterà Roma: si tratta di una raffigurazione dell’Arco di Costantino, esempio puro della classicità di Roma, rivisto in chiave estremamente moderna e tecnologica, digitale addirittura. Il logo, infatti, è stato creato in formato NFT, che consente, in questo modo, di avere un algoritmo che permette di rendere diverse variazioni del logo stesso. Il primo NFT del logo è stato consegnato a Roberto Gualtieri, sindaco della capitale, mentre il secondo a Luigi di Maio, in qualità di Ministro degli Esteri.

Si tratta del primo logo della storia di Expo ad essere realizzato come NFT. Non per niente, lo slogan che accompagna la candidatura è “Il futuro è la nostra storia”, a voler sottolineare il legame con il passato unito alla voglia di innovazione e rinnovamento.

Cosa sono gli NFT e perché se ne parla così tanto negli ultimi tempi

È giusto ricordare di cosa si parla quando si nominano gli NFT, dal momento che nell’ultimo anno si sentono nominare sempre più spesso.

Per NFT si intende, letteralmente, Non fungible token, ossia token non interscambiabile: questa sua caratteristica lo rende quindi diverso dai Bitcoin o dalle altre criptovalute, che sono invece tra loro scambiabili, e gli attribuisce un valore di certificato di garanzia, in quanto rappresenta solo e soltanto un determinato bene a cui viene associato, pur restando comunque riproducibile.

Questa qualità intrinseca rende gli NFT estremamente utili in campi come la moda o l’arte, ad esempio, dove il rischio di contraffazione è sempre alto.

Roma e la tecnologia blockchain: il logo NFT non è il primo contatto tra le due realtà

Il legame tra la nostra capitale e la tecnologia blockchain non si ritrova solo nel logo appena presentato per la candidatura a Expo 2030, ma lo possiamo cogliere anche tra le trame del Metaverso.

In che modo sono connesse Roma e il metaverso, viene da chiedersi: la prima così ricca di storia, monumenti e manufatti, il secondo così tecnologico, innovativo e sicuramente molto più recente. Apparentemente, dunque, non c’è niente di più distante, è vero, ma in realtà un modo per vederli legati in maniera indissolubile c’è, e tutto sommato il motivo è anche abbastanza semplice.

Nel metaverso, in particolare in quello di Ertha, è possibile acquistare città esistenti nella realtà. Ovviamente quella che viene acquistata è solo la versione digitale della città reale.

Un compratore anonimo ha deciso di acquistare nell’Ertha Metaverse la nostra capitale in versione Meta, al costo di centoventi mila Dollari. L’NFT gli conferisce la proprietà virtuale della città e il controllo di tutti i monumenti presenti in essa, come il Colosseo, il Piazza di Spagna, San Pietro, il Pantheon, solo per citarne alcuni.

Anche in questo caso, neanche a dirlo, Roma si appresta a rappresentare un primato: infatti, altre città virtuali sono state vendute in questa piattaforma, come Tokyo, che però è costata al suo compratore solo cinquantanove mila Dollari, o la Svezia, che è stata in parte acquistata per cinquantamila dollari, meno della metà del costo di Roma.

L’Ertha Metaverse contiene circa trecentosessanta mila appezzamenti virtuali, tutti acquistabili: una volta acquistato l’appezzamento è possibile riscuotere tasse o commessioni di vario tipo, in base alle transazioni che vengono effettuate nell’area virtuale acquistata. In questo modo acquistare appezzamenti virtuali può essere visto come u investimento, allo stesso modo di acquistarne uno reale.

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