La blockchain contro le fake news

La nostra società, negli ultimi anni, risulta strettamente connessa al web e alla comunicazione via internet. Nulla di male, dal momento che la rete ci può informare in tempo reale e mettere in contatto con chiunque senza alcuno sforzo. Uno dei maggiori difetti della comunicazione globale, se non il maggiore difetto, è legato alle fake news e alle ripercussioni che queste generano.

Oggi la blockchain può aiutarci nel limitare questo grave problema dell’informazione.

Un problema crescente

Che si tratti di notizie, immagini o video, la diffusione su Internet di contenuti falsi e fuorvianti si è moltiplicata negli ultimi cinque/sei anni. Una possibile soluzione al problema è standardizzare il modo in cui un contenuto viene distribuito online. Ciò che non rispetta gli standard stabiliti risulterebbe quindi non attendibile.

Un aiuto dalla blockchain

In questo contesto può essere utile la blockchain. Come parte di un’evoluzione del Web 3.0, la blockchain – lo sappiamo – viene utilizzata per creare un web decentralizzato, in cui un registro immutabile memorizza informazioni sul contenuto e viene indissolubilmente legato ad esso per garantirne l’autenticità. Gli archivi di dati personali consentirebbero inoltre alle aziende e agli individui di mantenere il controllo sui contenuti che producono o consumano.

Esistono degli studi (nello specifico della Gartner 2020 Predicts, pubblicati a dicembre 2019) secondo i quali, entro il 2023 fino al 30% delle notizie e dei contenuti video in tutto il mondo potrebbe essere autenticato come reale dalla blockchain, contrastando efficacemente in primis la tecnologia Deep Fake (ovvero quella di sostituire un volto ad un altro in un video, comunicando un messaggio non veritiero: da vedere è una pratica divertente, ma se usata a fini illeciti può risultare molto pericolosa).

I progetti per contrastare le fake news con blockchain

Blockchain per garantire la veridicità, quindi. L’avevamo già visto con l’ANSA, maggiore agenzia italiana dell’informazione, che si era probabilmente ispirata ai tre maggiori sistemi di prevenzione delle fake news presenti negli Stati Uniti: rispettivamente,  il News Provenance Project, la Deep Trust Alliance e Po.et.

Il News Provenance Project è un sistema utilizzato dal New York Times che registra chi ha girato foto e filmati, dove, quando e prende nota di chi li modifica. Oltre che memorizzare, ovviamente, quali siano gli altri siti che finiscono per utilizzare il proprio materiale.

La Deep Trust Alliance è un’associazione che immette nei sistemi di comunicazione vari organi di controllo, coordinati dalla blockchain, finalizzati a smascherare fake news, fake foto e fake video.

Po.et, invece, sta realizzando in questi mesi una sorta di sistema decentralizzato basato sulla blockchain di Bitcoin che registra e verifica il contenuto delle news della rete.

Gli ostacoli delle notizie vere

Nonostante le grandi possibilità offerte dalla blockchain, è innegabile che vi siano dei limiti, non tanto tecnologici, quanto imputabili alla mentalità degli utenti.

Molte volte, infatti (e qui da noi in Italia vi sono esempi costanti e frequenti) capita che un fruitore di fake news (o fake video) condivida la notizia o il filmato sui propri social senza premurarsi di verificare che sia vero, e oltretutto talvolta non ha il minimo interesse ad effettuare delle verifiche in prima persona.

Se per foto e video, in ogni caso, blockchain può venire “facilmente” in aiuto perché guidata da software che riconosce le modifiche, per le notizie testuali servirebbe forse la creazione di un algoritmo di consenso nativo della blockchain per consentire ai produttori di contenuti di concordare quando qualcosa è autentico prima che venga pubblicato.

Un prossimo step, senza alcun dubbio, potrebbe essere comunque quello di “esportare” la blockchain in altri metodi di rilevazione della veridicità dell’ informazione, magari autenticando gli emittenti delle news o costruendo delle “blacklist” per chi inquina il web con notizie, foto o filmati fasulli e pericolosi.

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