Terrorismo e criptovalute: come stanno le cose?

“Solo i terroristi usano Bitcoin” è il mantra che non di rado ci viene propinato dai detrattori della moneta digitale più famosa al mondo. Mai dichiarazione fu più immeritata, soprattutto in questi giorni.

Secondo ciò che riporta la società israeliana di analisi sulla blockchain “Whitestream”, proprio l’organizzazione terroristica più disprezzata al mondo, l’Islamic State of Iraq and Syria (ISIS), ha abbandonato Bitcoin per abbracciare la cugina Monero.

Whitestream già l’anno scorso aveva rilasciato al New York Times uno studio dove sosteneva che i gruppi terroristici si stessero sempre più rivolgendo alla criptovaluta quale metodo di finanziamento. Viceversa, uno studio condotto da “Chainanalysis” smentirebbe tale assunto dimostrando come degli stimati 300 milioni di dollari di capitale dell’ISIS solamente una somma pari a 10 mila dollari sarebbe riconducibile a proventi ottenuti tramite Bitcoin.

Tornando a ciò che è di più stretta attualità..

In questi giorni un sito di notizie affiliato sia all’ISIS che al movimento jihādista in generale, avrebbe aggiornato la propria pagina delle donazioni indicando che d’ora in avanti accetterà solo la regina della privacy Monero (ticker: XMR), e non più Bitcoin come in passato.

Nella medesima sezione del sito vengono elencati tutti i benefici che una scelta del genere porta con sé, sia in termini di sicurezza che di tracciabilità, linkando addiritura in calce un video tutorial che spiega come acquistare XMR ed inviarli mediante un normalissimo wallet.

In effetti le operazioni di raccolta fondi -soprattutto quelli presumibilmente destinati alla criminalità- sono state recentemente sottoposte ad un controllo serrato da parte delle forze dell’ordine dei vari governi. Questo è stato possibile perché i software di analisi della blockchain rendono possibile ricostruire gli spostamenti delle più tradizionali monete digitale e conseguentemente collegarne i vari portafogli a soggetti determinati. D’altronde ciò che viene analizzato non è altro che il ledger pubblico di Bitcoin, il quale è accessibile a chiunque tramite un banale explorer web, ma perfettamente comprensibile solo da chi sia tecnicamente preparato.

Come funziona Monero?

Ecco dunque svelato il motivo del passaggio in favore di Monero, una cosiddetta “moneta della privacy”. A differenza di Bitcoin, i cui indirizzi sono pubblici sulla blockchain, le transazioni Monero sono “oscurate”, il che significa che solo il mittente e il destinatario conoscono l’intero importo che è stato negoziato. Non solo. I conti dei singoli utenti di Monero hanno indirizzi invisibili che impediscono di collegare qualsiasi tipo di fondo ad un determinato proprietario in carne ed ossa.

Monero isis

Certamente bisogna usare con cognizione anche una criptovaluta come Monero perché con l’utilizzo dei cosiddetti “lightwallet” (portafogli che per funzionare non richiedono una copia nel vostro computer dell’intero storico della blockchain), potrebbe comunque risultare compromessa la privacy. Questo succederebbe in quanto affideremmo determinati dati ad un soggetto terzo che sta “ospitando il nodo completo” utilizzato dal nostro lightwallet per interagire con la blockchain di Monero.

Oltre a ciò gli sviluppatori delle app che sono presenti nei negozi di iOS ed Android potrebbero a loro volta subire furti di informazioni su chi abbia effettivamente scaricato il loro software, ottenendo così una pari compromissione della privacy degli utenti.

Di più, anche qualora utilizzatori come ISIS usassero perfettamente Monero, potrebbero comunque essere ricondotti ad un indirizzo IP specifico se risultassero l’unico utente Monero in un raggio di 50-100 chilometri. Questo succede perché Monero fornisce privacy con un meccanismo che sfrutta la confusione tra propri utenti, mescolandone tra loro le singole transazioni. Va da sé quindi che qualora non ci fossero altre transazioni da mescolare il meccanismo diventerebbe trasparente.

Considerazioni finali su cripto e terrorismo

Non si può che ribadire al lettore quanto sia sciocco sostenere che esista un binomio criminalità-criptovalute. Sarebbe come affermare, pari pari, che le normali banconote siano mezzo utile alla criminalità per commettere efferati delitti.

Se ciò è pur vero, accade in entrambi i casi perchè ci troviamo di fronte a dei metodi di scambio della richezza universalmente riconosciuti, e che proprio per tale motivo cruciale, restano intrinsecamente indifferenti agli scopi dei singoli.

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