Stablecoin algoritmiche: il caso UST

Lunedi scorso la Federal Reserve ha pubblicato un rapporto che ha identificato tre tipologie di asset che presentano rischi in termini di finanziamento: alcuni fondi del mercato monetario, alcuni fondi obbligazionari e le stablecoin. Quest’ultimo settore, secondo quanto affermato, “rimane esposto a rischi di liquidità“. Nel frattempo, la stablecoin UST di Terra ha perso oltre il 30% del proprio valore durante una cd. “corsa agli sportelli” accelerata dalla bassa liquidità sul protocollo di prestito principale della rete Anchor. Due giorni dopo, la stablecoin si è spostata ancora di più dal proprio ancoraggio ideale, mentre il token LUNA nativo della blockchain di Terra perdeva più del 99% del proprio valore. Analogamente, le stablecoin decentralizzate, tra le quali Neutrino, FRAX, Celo Dollar e sUSD, si sono trovate al di sotto della soglia di rischio dei 98 centesimi di dollari in un panorama dove la fiducia dei consumatori nei confronti delle stablecoin veniva messa durissima prova.

terra ust

Stablecoin algoritmiche, come funzionano

Le stablecoin di prima generazione come Tether e Circle sono riuscite durante questa turbolenza (almeno finora) a mantenere il proprio ancoraggio al valore nominale di un dollaro americano. Ogni volta che qualcuno quindi acquista 1 USDT o 1 USDC per un dollaro, Tether e Circle dovrebbero (ecco perché usiamo il condizionale) prendere quel dollaro e conservarlo in conti di riserva, in modo che i titolari possano sempre riscattare ciò che hanno investito in origine. Questa sarebbe l’idea di fondo, in realtà, una varietà di altri “equivalenti in contanti” e/o strumenti di debito sembrerebbero sostenere le monete in questione.

Lo UST, come le altre stablecoin algoritmiche, funzionano in modo diverso. Esse infatti mantengono un ancoraggio al dollaro USA attraverso una stretta relazione con un altro asset a sua volta crittografico. Nel caso di Terra, per coniare 100 UST, bisogna bruciare (o togliere dalla circolazione) 100 dollari di criptovaluta LUNA, che a sua volta ha un valore variabile in quanto liberamente scambiabile nei vari exchange in base al prezzo che il mercato stabilisce. Per coniare 100 dollari di LUNA, bisognerà viceversa distruggere 100 UST. Il meccanismo prevede che se il valore di UST sul mercato aperto inizia in qualche modo a diminuire, potrai comunque riscattarlo per l’intero valore di LUNA. Ad esempio, se un UST venisse scambiato a 0,95 dollari al pezzo, riceveresti comunque il token LUNA del valore di un dollaro. L’opportunità creata dall’arbitraggio mantiene dunque (a quanto pare solo in linea teorica) stabile il prezzo.

Cosa è andato storto?

Il predetto meccanismo è venuto a crollare non appena la criptovaltua LUNA ha cominciato a perdere di valore durante il bear market che è in corso tutt’oggi. “Onestamente, sono piuttosto scettico sul fatto che ci sia molto futuro per le stablecoin algoritmiche“, ha dichiarato il vicepresidente dell’ecosistema Stellar Development Foundation. La blockchain di Stellar è incentrata sui pagamenti e supporta dunque tutta una serie di stablecoin, incluso lo USDC.  “Quello che stiamo vedendo ora, e non per la prima volta, è un meccanismo di bilanciamento piuttosto ottimistico che si smaschera a causa delle naturali risposte umane alle condizioni del mercato“, ha affermato. Come ha accennato Rice, le stablecoin algoritmiche avevano già perso il loro ancoraggio in passato, anche se mai era successo ad una stable grande quanto UST, che aveva una capitalizzazione di mercato pari a quasi venti miliardi di dollari.

Il mese scorso, Neutrino, una stablecoin algoritmica collegata alla blockchain WAVES, ha anch’essaperso il suo ancoraggio . Similmente a quanto successo con Terra, ha dovuto affrontare accuse secondo cui la sua tokenomica era un semplice schema Ponzi basato sulla convinzione che il token nativo della rete avrebbe continuato a salire di prezzo a lungo termine grazie al continuo afflusso di capitali. Il token in questione sta ancora oggi cercando di riafferrare l’agognata parità con il dollaro. E i problemi del mercato delle criptovalute di questa settimana hanno rallentato tali progressi.

L’ex capo dei servizi di back-end di Maker (che ha creato la stablecoin decentralizzata e sovracollateralizzata DAI), ha affermato che le stablecoin non falliscono in quanto sono algoritmiche, ma piuttosto perché non c’è abbastanza collaterale a supporto di esse. “Le stablecoin parzialmente garantite hanno ripetutamente fallito più e più volte. Non possono risolvere il problema fondamentale delle corse agli sportelli quando il peg è sotto pressione“. Anche Rohan Grey, un professore di giurisprudenza della Willamette University che ha aiutato a redigere una legislazione che avrebbe potuto regolamentare le emittenti di stablecoin al fine di ottenere l’emissione di carte bancarie dedicate, ha detto la sua su ciò può accadere qualora le cose non vadano più bene in termini di mercato. “Le stablecoin [algoritmiche] dipendono ancora di più dalle teorie del prezzo del collaterale rispetto alle stablecoin intermediate. Quindi, a questo proposito, penso che siano molto più vulnerabili alla volatilità prociclica del mercato“. Le stablecoin di prima generazione, ha detto, “almeno hanno un’entità di governance istituzionale con una propria disponibilità che potrebbe fare da freno ad una crisi inaspettata“, sebbene lui e Kunkel condividano comunque la preoccupazione che un capriccio dell’autorità centrale potrebbe rivelarsi disonesto.

Nel caso di UST

Tether ha affrontato una crisi simile nel 2017, quando il suo prezzo è passato a valere circa 0,91 dollari statunitensi, secondo quanto riportato da CoinMarketCap. È sopravvissuta, certo, ma ci sono volute più di tre settimane per tornare al famoso peg di un dollaro. Ora è la più grande stablecoin per capitalizzazione di mercato e la terza risorsa crittografica in assoluto dietro solo a Bitcoin ed Ethereum.

È difficile che le stablecoin algoritmiche mantengano il loro ancoraggio quando il mercato non cresce di valore, e in tali casi bisogna fare affidamento su di un intervento esterno per sistemare le cose.

Il creatore di Terra Do Kwon e la Fondazione Luna si sono ora resi conto che avranno bisogno di un intervento esterno. In un thread di Twitter mercoledì, Kwon ha affermato che Terra sta cercando “capitale esogeno” in combinazione con l’implementazione di modifiche al protocollo per aiutarla a rimettersi in carreggiata. Fondamentalmente, ha affermato che il processo di ricostruzione comporterebbe l’utilizzo di un meccanismo di collateralizzazione, in altre parole, qualcosa che sosterrà il valore di Terra diverso dalla sua stessa cirptovaluta nativa (LUNA).

Terra aveva già provato a calcare questa strada, avendo acquistato Bitcoin, Avalanche, LUNA ed UST per un valore di oltre tremiliardi di dollari da utilizzare come riserve in caso di turbolenza del mercato. Ma con UST non era abbastanza garantita, e le riserve sono state praticamente svuotate dai cashout dei possessori del token.

Secondo gli esperti i progetti di stablecoin possono mantenere la fiducia dei consumatori attraverso garanzie legali ed attestazioni di terze parti, oltre che alla trasparenza dei libri mastri (blockchain) pubblici. “Una stablecoin ideale ha davvero bisogno di essere sia sovracollateralizzata che decentralizzata“, ha affermato Kunkel. “Sovracollateralizzare, per dare agli utenti la certezza che la stablecoin manterrà il proprio valore ottimale. Decentralizzare, in modo che chiunque possa vedere le riserve sulla catena in tempo reale corrispondono ad una solvibilità del servizio“. Gli utenti di Terra, oggi, possono vedere di persona come il protocollo non sia effettivamente solvibile, e forse, ormai, la fiducia con il progetto si è spezzata definitivamente.

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