NFT e moda

La necessità di smaterializzare e rendere digitali gli acquisti è un dato assodato ormai anche dai consumatori e dagli avventori più scettici. Sicurezza, velocità, risparmio di tempo e denaro, sono solo alcuni dei vantaggi a cui ci hanno abituato la blockchain e le criptovalute: la blockchain infatti garantisce transazioni del tutto anonime ma certificate e tracciate, permettendo lo scambio di beni e servizi attraverso transazioni digitali, eliminando gli intermediari e i costi annessi.

Se ormai è un fatto concreto la possibilità di acquistare beni (anche di valore notevole come immobili o macchine di lusso) attraverso le criptovalute come Bitcoin, risulta invece più complesso comprendere il meccanismo che si cela dietro l’applicazione della tecnologia blockchain a settori come l’arte e la moda: viene immediatamente da pensare, infatti, che la blockchain venga usata anche in questi casi per permette di acquistare beni afferenti a questi settori per mezzo di monete elettroniche, ma non è così. O meglio, non è solo così.

Cosa sono gli NFT sulla moda?

Di qualche settimana fa è la notizia dell’incredibile pezzo di crypto art dell’artista Beeple, battuto all’asta da Christie’s per un valore ben oltre i 69000000 di dollari, realizzato interamente in modo digitale grazie agli NFT, certificati di autenticità generati da una blockchain. Cifra davvero considerevole, che ha spinto il mercato ad interrogarsi maggiormente sugli NFT e sulle loro possibili applicazioni. Andiamo quindi a capire meglio cosa si intende con l’acronimo NFT e in che ambito possono essere applicati.

Con l’abbreviazione NFT si intente “Non-fungible token“, che significa letteralmente “token non scambiabile”: a differenza di Bitcoin o di altre criptomonete, quindi, gli NFT non sono interscambiabili tra loro; inoltre, gli NFT fungono da veri e proprio certificati di garanzia e autenticità poiché ogni NFT rappresenta solo e soltanto un determinato bene a cui viene associato, in quanto, pur essendo riproducibile, mantengono inalterata la loro firma digitale rendendo distinguibile l’originale da un’eventuale copia. Questo rende gli NFT pezzi unici, inimitabili, autentici, pronti a diventare vere proprie icone che i collezionisti si contenderanno.

Se consideriamo anche l’aspetto pratico della cosa, l’inimitabilità propria degli NFT li rende particolarmente interessanti per quei settori che risentono in modo significativo del sottomercato della contraffazione, come la moda ad esempio.

NFT delle grandi case di moda

Negli ultimi tempi, poi, stanno spopolando nel mondo di app e gaming, le skin griffate, copie virtuali degli abiti reali proposti da case di moda come Balenciaga, Valentino, Dior o Nike, solo per citarne alcune, che servono per personalizzare i propri avatar, rendendoli ancora più realistici. Un altro esempio che lega moda e digitale, restando sempre nell’ambito del gioco, ce lo fornisce Louis Vuitton, che nel 2019 ha collaborato con League of Legends in occasione dei campionati mondiali di Parigi: il noto brand di lusso ha creato un’intera collazione digitale acquistabile on line, per abbigliare al meglio il proprio player. Si sta creando un vero e proprio mercato di gamer appassionati, pronti a investire in abbigliamento digitale, tanto da far nascere marketplace specializzati, come Digitalax, che propongono linee proprie concorrenziali ai brand di lusso canonici.

Non solo abiti virtuali per avatar, però: il mercato delle sneakers, da sempre terreno fertile per i collezionisti, si presta all’innovazione digitale, creando scarpe virtuali da poter sfoggiare nel web, su Snapchat ad esempio. Lo studio di design FTFKT in collaborazione con Fewocius, designer digitale di appena 18 anni, ha realizzato un paio di sneakers virtuali vendute a prezzi che variano dai 3 ai 10 mila dollari, realizzando un fatturato di oltre 3 milioni di dollari: le scarpe erano “utilizzabili” sui social e su piattaforme di realtà virtuale, inoltre, erano accompagnate anche dalla versione reale delle stesse.

Gli abiti e gli accessori digitali, infine, potrebbero andare ad arricchire servizi fotografici e video, fruibili così dall’industria della moda e del fashion, non solo dall’acquirente finale.

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Brand di lusso ed NFT

Sembra difficile pensare che possano davvero diventare significativi per il comparto moda, gli acquisti da parte dei clienti di questi articoli digitali generati grazie agli NFT: sembra ovvio che chi acquista un prodotto, pagandolo anche cifre considerevoli, lo voglia poi poter usare, sfoggiare, mentre un articolo digitale è per definizione intangibile. Bisogna però considerare che il bene di lusso, il pezzo di culto desiderato, come può essere la celebre Birkin di Hermès, spesso viene equiparato a un articolo da collezione che ha valore in quanto raro e originale, permettendo a chi lo possiede di far parte di una schiera di eletti. Secondo questa visione, il pezzo digitale realizzato con la tecnologia blockchain rispetta tutti questi canoni, andando inoltre a garantire l’assoluta originalità del pezzo, fornendo un certificato di autenticità, eliminando definitivamente il rischio di contraffazione, rendendo così ancora più elitario il gruppo di chi lo possiede.

Ovviamente il pubblico che può essere maggiormente interessato è quello dei Millennial o della generazione Z, più tecnologici e abituati alla realtà virtuale: infatti, Gucci, in un tentativo di tastare il terreno in questo campo, utilizza un paio di sneakers virtuali, visibili da smartphone, anche se non realizzate grazie alla blockchain. Si tratta, infatti, di un primo approccio per sondare il terreno e capire le potenzialità del nuovo mercato.

Sembra ancora difficile, ad oggi, pensare che i brand canonici possano puntare tutto su questo segmento di mercato, che però sta acquistando sempre più il suo spazio, grazie alle peculiarità proprie degli NFT: ogni capo risulta, come abbiamo visto unico e certificato, così come la foto o il video, che potrebbero essere venduti come pezzi da collezione; l’articolo virtuale, poi, potrebbe essere associato all’articolo fisico, così da far andare di pari passo la propria real life con quella digitale; essendo, infine, pezzi con un certificato di originalità intrinseco, rendono più semplice un’eventuale mercato di vendita di seconda mano, escludendo per il compratore il rischio di incappare in falsi.

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